Titolo: Bella mia

Autrice: Donatella Di Pietrantonio

Casa editrice: Einaudi

Genere: Narrativa

Pagine: 182

 

“Non è mio figlio. Marco e io non ci apparteniamo. E se una gemella doveva morire, non ho voluto essere io la superstite. La lotteria del terremoto ha estratto a caso e li ha spaiati, Olivia e la sua creatura. Ha salvato me, e a volte ho nostalgia della fine che mi è stata negata. Non sono madre, lui non è frutto di questo ventre magro. È un altro, nato da un’altra quasi uguale a me. Io non lo amo, spesso non lo amo, quando rientro a casa e annuso la sua presenza sento subito un disagio nello stomaco e poi cado sotto gli spari dei suoi occhi. Mi spaventa, come l’enormità del mio compito. Dovrei essergli mamma di scorta.”

Protagonista del romanzo è la Città dell’Aquila distrutta dal sisma della notte del 6 aprile 2009.

La tragedia bussa alla porta di Caterina e la trova aperta. Il terremoto si porta via Olivia, la sua gemella, ed è a Caterina che viene lasciata l’eredità di crescere l’adolescente Marco.

Il padre del ragazzo, musicista, non ha intenzione di occuparsene a causa del suo lavoro e la nonna è troppo immersa nell’immane dolore della perdita di sua figlia.

Caterina non ha figli e ogni giorno fa i conti con senso di colpa di essere ancora viva e con il destino, che ha scelto di far sopravvivere lei e non la sua gemella, l’altra metà del suo cuore.
Il ruolo che la vita le ha assegnato rende ancora più difficile il suo senso di ineguatezza come “madre sostituta” di un adolescente provato dalla morte della sua vera madre e dall’abbandono psicologico del padre.

Bella mia è un grido di dolore che la protagonista cerca continuamente di soffocare per non pesare sui suoi cari.

L’autrice fa vivere al lettore il tragico avvenimento e le difficoltà incontrate dagli abitanti dell’Aquila, dal momento che devono lasciare le loro abitazioni, ormai solo cumuli di calcinacci, al momento che vengono loro assegnati i container che dovrebbero simulare una casa ma che di “casa” hanno ben poco.

Di Pietrantonio entra nella storia in modo diretto, a volte crudo, per far si che nessuno possa dimenticare.

La narrazione è in prima persona, l’io narrante è Caterina, la scrittura è asciutta ed essenziale.

Un libro estremamente triste e profondo.

Di Pietrantonio lascia però intravedere un barlume di luce alla fine del tunnel.
Per quanto le ferite dei protagonisti non siano rimarginabili e nulla potrà mai essere cancellato, il tempo insegna ad accettare i cambiamenti e prepara alla rinascita.

Consigliato!

Buona lettura.

M.

 

 

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