Titolo: L’ipotesi del male
Autore: Donato Carrisi
Casa editrice: Tea/Longanesi
Genere: Thriller
Pagine:426
“Io li cerco ovunque. Li cerco sempre.”
L’ipotesi del male di Donato Carrisi è il secondo capitolo della serie Il suggeritore, che vede protagonista l’agente di polizia Mila Vasquez, specializzata nella ricerca di persone scomparse.
La storia principale di questo thriller, si svolge in autonomia dal primo capitolo della serie, ma per una massima comprensione dei particolari e soprattutto del personaggio di Mila, a mio parere è necessario leggere prima Il suggeritore.
Sono trascorsi sette anni dal caso che ha destabilizzato la già precaria sfera psichica di Mila Vasquez e l’agente si trova nuovamente a dover scendere a patti con la sua mancanza di empatia emotiva cercando un nuovo equilibrio dentro di sé, perché stavolta non è sola.
Mila si trova ancora una volta a dover tornare al buio da cui lei stessa proviene per risolvere un caso di persone scomparse, ma questa volta non le deve cercare, sono infatti loro in qualche modo a trovare lei.
Ancora una volta Carrisi mi cattura e colpisce nel segno, ma ancora una volta in un modo diverso.
La scrittura di questo autore riesce ad essere sempre meravigliosa allo stesso modo, ma mai uguale a se stessa, in questo romanzo ho trovato ancora più introspezione rispetto a “Il suggeritore”, meno azione, meno crudo, ma tanta più analisi psicologica della protagonista e del suo compagno di avventura che questa volta di chiama Berish, un poliziotto relegato tra i reietti, a causa di alcune accuse che gli sono state imputate vent’anni prima.
Definirei L’ipostesi del male un thriller noir psicologico, che tocca livelli di introspezione tra i più alti del genere. Come sempre ho amato le spiegazioni criminologiche di Carrisi, questa volta arricchite anche da elementi di antropologia.
Interessantissima la Nota dell’autore a fine romanzo, che spiega la nascita e lo sviluppo della storia , racconta inoltre di una fonte molto particolare.
Lo stile di Carrisi è ipnotico e le parole, scelte in modo accurato e mai casuali, scorrono veloci ma allo stesso tempo si fermano nella mente. Ciò che Carrisi racconta resta impresso non solo come storia, ma come concetto antropologico e questo, a mio parere, lo riescono a fare in pochi.
Ovviamente lo consiglio a tutti, in quanto non è assolutamente splatter e non presenta scene cruente.
Buona lettura.
Marilena